A livello amatoriale, spesso non ci sono coppie fisse per le partite, e si sperimenta il gioco con diversi compagni, per crescere, per confrontarsi e a volte per sfuggire a una relazione poco costruttiva... e sì, questo succede anche nella vita fuori dal campo.
Personalmente credo che sperimentarsi con diversi compagni, sia uno dei modi per migliorare e per modellare stili di gioco diversi e diverse strategie, ed è anche vero che tra non giocare perché il solito compagno è impegnato e giocare con qualcun altro, è una buona scelta giocare!
Tuttavia è necessaria una riflessione.
Se dietro alla scelta di giocare con compagni diversi c'è una dinamica comportamentale depotenziante o una gestione emotiva poco efficace, è bene fermarsi un attimo prima dell'ennesimo giro di giostra alla ricerca del compagno perfetto.
Il compagno perfetto, la compagna perfetta, non esistono in campo come non esistono nella vita: la storia delle due mezze mele che si completano l'abbiamo ormai tutti accantonata facendo posto ad una storia diversa, in cui due frutti interi si incontrano e scoprono di poter dare vita ad un'ottima macedonia.
Ciò che rende produttiva una relazione, nella vita e tanto più in campo, è l'alchimia che riusciamo a generare insieme al nostro compagno: quella fa realmente la differenza.
Detto ciò, di recente lavorando con un giocatore in coaching abbiamo affrontato la seguente situazione:
Io gioco per divertirmi e sono consapevole di dover migliorare specialmente su alcuni colpi.
Mi succede spesso, in campo, di sentirmi rimproverato dal mio compagno, che si arrabbia quando io sbaglio... e poi quando sbaglia lui non chiede nemmeno scusa.
Assistendo a partite amatoriali di diverso livello, mi è capitato più volte di osservare una scena simile: a te è mai successo?
La dinamica che si sviluppa in campo normalmente segue una sorta di copione, vediamola chiamano A e B i due giocatori.
A fa un errore che avrebbe potuto evitare
B si innervosisce e si rivolge ad A in modo concitato o impaziente (o sbuffa, o alza gli occhi al cielo, o fa un gesto di stizza)
A si trova davanti ad un bivio: reagisce innervosendosi a sua volta oppure si mortifica per l'errore.
A questo punto la situazione in campo sarà critica perché avremo
A me è successo.
Molte persone pensano che di fronte ad un ostacolo comunicativo come quello descritto, sia meglio prendere le distanze, perché dopotutto "io sono fatto così e tu sei fatto così".
La verità è che a volte possiamo influenzare con successo il comportamento degli altri, e SEMPRE possiamo cambiare il nostro e modellarlo in modo che sia utile al raggiungimento dei nostri obiettivi.
Noi non siamo "fatti così" come statue scolpite nel marmo, siamo piuttosto in continua evoluzione.
Molti anni fa un uomo saggio mi disse: ricorda che tutto ciò che è rigido e si oppone al cambiamento, rischia di spezzarsi: in campo è altrettanto vero, all'ennesima potenza.
Vediamo insieme come gestire questa dinamica in campo lasciando invariato il comportamento di B, il nostro compagno che si innervosisce.
Questo influenzerà il comportamento di A, che invece di muoversi per il campo mortificato e offeso giocherà la prossima palla al meglio delle proprie possibilità.
Ovviamente questo comportamento influenzerà il risultato finale.
Ora ti faccio una domanda relativa al nostro amico B, che si era innervosito: secondo te, nel momento in cui A reagisce in questo modo, sorride e gioca al proprio meglio, B continuerà ad essere nervoso?
Lascio a te questa riflessione, una mia idea ce l'ho ma non voglio influenzarti!